Preparazione al concorso: questione di intelligence
Due parole in libertà sui concorsi
Premessa
Nei concorsi pubblici ci sono molti fattori da considerare. 1) Chi vi giudicherà (nonostante ci siano delle griglie, il giudizio potrà essere difforme, addirittura da commissione a commissione, vedi esami di stato); 2) emotività: il fattore tempo incide e fa aumentare l’ansia. Il candidato crede di aver cancellato tutte le informazioni, di non sapere più nulla. E’ normale, lo stress e l’emotività fanno questi brutti scherzi. 3) la preparazione del candidato. Ovvio che uno pensa di non aver mai fatto abbastanza (oppure di aver fatto troppo, tipo “Ma io ho risposto a tutte le domande“).
Il fattore intelligence
A scanso di equivoci, l’intelligence non vuol dire intelligenza (e nemmeno “l’intelletto sano” citato da Dante nell’Inferno). L’intelligence è una disciplina poco studiata in Italia in quanto è stata sempre considerata roba da servizi segreti oppure da secchioni (con gioia soprattutto dei primi, in quanto meno si sa dei fatti loro, meglio è). Si tratta del classico errore di superficialità che persone adulte e non, commettono in continuazione.
L’intelligence ha vari campi di azione e si basa sulla raccolta di informazioni, per rielaborarle e trarne il massimo profitto a proprio vantaggio (personale, dello stato). Fin qui nulla di male: i militari lo hanno sempre fatto (vedi Arpanet che poi nel tempo è esplosa con il nome di Internet). Militari, ma anche scienziati. Ed anche noi nel nostro piccolo possiamo adottare lo stesso modus operandi. Proviamo ad applicarlo ai concorsi.
Quando nel Marzo 2020 ideammo un eserciziario insieme al prof. D’Ascoli (parlo in particolare della disciplina B21), la prima operazione fu quella di raccogliere informazioni sul concorso. Qual era il bando? Cosa diceva esattamente? Modalità ecc. La seconda fase fu di “intervistare” chi lo aveva già fatto. Pertanto: come funzionava, qual erano le difficoltà, come si erano preparati. Questo lavoro di raccolta informazioni (che, ripeto, dovrebbe essere alla base di tutto in qualsiasi campo strategico dove vi sono degli obiettivi importanti), durò una quindicina di giorni, con 20 docenti di tutta Italia che risposero (gentilmente) alle mie richieste.
In base a quelle informazioni fu strutturato il libro (vi è anche uno per B20), ma soprattutto l’attenzione fu rivolta alla creazione di quesiti inediti (i famosi quesiti aperti) conformi a come quelli che sarebbero usciti. In effetti questo modo si rivelò efficace, potete chiedere a chi ha già fatto quel concorso se il testo gli è tornato utile o meno 😉
La raccolta delle informazioni ha un duplice scopo: 1) prepararsi tutti i piani possibili (il professore della Casa di Carta è un valido esempio, anche se pochi hanno notato che era uno scacchista); 2) riuscire a occupare la mente su un’unica finalità, ossia vincere il concorso.
La lettura
Una delle cose più tristi da vedere è il “docente” che una volta passato di ruolo abbandona tutto l’interesse per lo studio di cose nuove e per la semplice “lettura”. Lettura di un romanzo, di un testo didattico, di un quotidiano (va bene anche la Gazzetta, soprattutto le ultime pagine finali). Triste e malinconico diventa il percorso futuro, perché questo di solito porta a conseguenze a volte non piacevoli. Ad esempio chi è entrato di ruolo negli anni 00, continuerà ad insegnare, nel peggiore dei casi quello che ha imparato dai suoi vecchi professori di sala, magari asserendo che i cocktail IBA sono ancora in decimi o cl. Direte, ma la bravura del docente non si vede dal patrimonio delle sue conoscenze. Ma l’aggiornamento sì.
La mancanza di aggiornamento su testi porta anche all’ impoverimento del linguaggio. Questo è l’aspetto più grave poiché il linguaggio è quello che ci permette di costruire, instaurare rapporti, dialogare con gli altri. Se per un magazziniere potrebbe (uso il condizionale) non essere necessario strutturare pensieri educativi e didattici nel posto di lavoro, per il docente lo è. Ma il linguaggio si può anche ampliare leggendo romanzi storici tipo I Leoni di Sicilia dove si parla della dinastia dei Florio (sì, quelli del Marsala). E penso che un testo come questo sia attinente alla formazione di un docente di Sala e vendita, oltre ad essere un romanzo non impegnativo.
La povertà di linguaggio inizia subito dopo la fine dell’esame di stato nella vita di ognuno. Si smette di leggere, di studiare, ci si considera già arrivati e non si conosce manco la differenza tra “opaco” e “lucido” (vedi polemica sull’ultimo concorso per le dogane). Invece avere una mente allenata con la lettura porta ad una maggiore attenzione e concentrazione, anche per chi deve fare un concorso.
Torniamo al concorso
Il prossimo concorso ordinario (sicuramente da svolgersi entro dicembre 2021 altrimenti decade) è a quiz. Niente più quesiti ma 50 domande, di cui 40 sulla propria disciplina. Più facile difficile? Sicuramente vorranno testare dapprima le conoscenze e poi le competenze (con la prova orale). Non ci sono banche date disponibili (parlo principalmente per B21 e B20), per cui esaminando il programma concorsuale dall’allegato A, si può avere già un’idea di cosa e come studiare. Sul come studiare, in collaborazione con AIBM Project abbiamo realizzato dei pacchetti quiz. Ma volendo, chi ha dimestichezza con Kahoot o programmi simili, puo’ costruirsi da solo batterie di quiz per allenarsi (perché, ahimè, in qualche modo ci si dovrà allenare).
In ogni caso in bocca al lupo e buona estate
Luigi Manzo
Articoli di riferimento: