I primi menu

I PRIMI MENU
Se Escoffer ne dà lustro alla parola, la carte si trovava già nel passato. Nel 1761 indicava ad esempio la lista delle vivande servite in un pranzo alla corte di un sovrano o di un grande nobile. In italiano fu tradotto appunto come “minuta” e questo termine venne usata fno alla Unità d’Italia: ne sono esempio i
ricettari napoletani dello scalco Vincenzo Corrado e del duca Ippolito Cavalcanti.
A metà Ottocento, con l’affermarsi del servizio “alla russa” tipico della società borghese, si diffuse l’abitudine di far trovare accanto al posto a tavola di ogni commensale un cartoncino a mano o a stampa con la lista delle portate che sarebbero state servite. Da questo momento viene utilizzata la parola menu,
anche se tutte le pietanze erano abitualmente riportate in lingua francese.
Verso la fne dell’Ottocento, l’uso della carta si diffuse nei grandi ristoranti ed alberghi, sino a che non la troviamo nei livelli più semplici della ristorazione.
Nel Novecento si iniziarono a tradurre le pietanze dal francese all’italiano, e si tentò anche di cambiare il nome al menu: “nota”, “distinta” o “lista delle vivande”, sono queste alcune delle espressioni riportate anche da Artusi. Fu nel Dopoguerra che si diffuse la parola “menu”, con o senza accento, per indicare indifferentemente la sequenza delle portate di un pasto, la carta di un ristorante o infne il menu fsso a
prezzo conveniente.